Emilio Greco nasce a Catania nell’ottobre del 1913. La sua passione per l’arte si sprigiona fin da fanciullo, effettuando un apprendistato artigianale presso uno scalpellino catanese. Nonostante le difficoltà della guerra e l’impegno nel servizio militare, Greco è stato apprezzato, a partire dal ’39, con il busto in terracotta “L’Omino” , attualmente posseduta dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma.
Nel 1947, divide lo studio con un gruppo di artisti, tra i quali Leoncillo, Guttuso e Mazzacurati. Qui prepara la mostra per la Galleria del Secolo del 1948, con prefazione di Fortunato Bellonz: nel catalogo spiccano “La Pattinatrice” e “Il Lottatore”. Nello stesso anno partecipa con “Il Lottatore” alla mostra dello Sport alla Tate Gallery di Londra, il quale successivamente acquista la sua “Donna seduta”. Nel 1949 Greco partecipa, con la Testa d’uomo e il Cantante, alla grande mostra Arte italiana del Ventesimo Secolo curata da Alfred Barr nel Museum of Modern Art di New York. Nel 1956, partecipa alla XXVIII Biennale di Venezia e la giuria gli conferisce il Gran Premio della Scultura con l’opera “La Grande Bagnante N.1″. Nel 1962, Greco ha il compito di scolpire le porte del Duomo d’Orvieto, per finirle tre anni più tardi; ma a causa di forti polemiche sull’opportunità di sovrapporre un’opera contemporanea alla facciata Gotica del Duomo, le porte vengono definitivamente incardinate nell’agosto del 1970. È anche autore del Monumento a Papa Giovanni XXIII in San Pietro. Gli anni’70 e ’80 vedono Emilio Greco in mostra in tutto il mondo: da Ferrara a Tokio, da Leningrado a Mosca, e poi sul finire del 1980, una serie di mostre antologiche a Catania, Roma e Firenze.
Emilio Greco muore a Roma il 4 Aprile 1995 e riposa a Sabaudia, nel cimitero cittadino.
L’Italia e soprattutto i bambini di tutto il mondo, lo ricordano con il Monumento a Pinocchio, installato a Collodi, il quale lo costruì nel 1956, in seguito ad un concorso: un intreccio fantastico, che con lieve movimento a spirale unisce e slancia verso l’alto le figure del celebre burattino, della Fata e del gabbiano in un compenetrarsi di pieni e di vuoti, che essendo praticati dai giovani, formano un’unica essenza.